Dakhla

Dakhla
Flat water area

mercoledì 21 dicembre 2022

IL CASO DEL POPOLO SAHARAWI

Quello che tutti (gli esperti e chi frequentava il West Sahara) sapevano oggi grazie al qatargate è venuto alla luce. 

Perchè l'Europa sottoscrive trattati con il Marocco anche per territori non rconosciuti come marocchini?

Quindi per chi ancora non conoscesse questa realtà ho scelto questo articolo tratto da puntoeuropa.

"Il Sahara Occidentale è sottoposto da oltre un secolo a occupazioni illegittime del suo territorio, attraverso la colonizzazione spagnola prima e l’occupazione marocchina poi. Il Popolo Saharawi, una volta resosi indipendente dalla Spagna, ha combattuto una guerra di resistenza contro l’occupazione marocchina, fino a quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha chiesto un cessate il fuoco, in cambio di un referendum per l’autodeterminazione. Il Marocco, però, non ha mai permesso lo svolgersi del referendum ed ha quindi bloccato il tentativo di mediazione dell’ONU.

Da più di trent’anni, quindi, il Sahara Occidentale rappresenta il terreno di una grave crisi internazionale, sulla quale pesano gli interessi delle grandi potenze occidentali che, per motivi economici, strategici, di sicurezza e di contenimento violento dell’immigrazione, antepongono una solida partnership con il Marocco all’autodeterminazione del Popolo Saharawi. D’altra parte i Saharawi hanno dimostrato di essere un popolo pacifico, anche se in grado di sviluppare una potente azione di resistenza all’occupazione, e di preferire una via pacifica e di mediazione internazionale. Il loro pacifismo, il rispetto delle risoluzioni dell’ONU, il tentativo non solo di sopravvivere nel e al deserto algerino, ma anche di creare una società funzionale ed evoluta, non ingenerano timori di destabilizzazione in Occidente. Per questo motivo, né i governi, né i media europei si interessano di questa grave crisi internazionale irrisolta.

L’Unione europea e l’ONU riforniscono di alimenti i rifugiati nelle tendopoli nel Sahara, ma allo stesso tempo sottoscrivono trattati con il Marocco e, soprattutto, un accordo della pesca che, includendo le acque territoriali del Sahara Occidentale, indirettamente e illegittimamente riconoscono la sovranità marocchina sui territori occupati. Gli stati membri continuano lucrosi affari con il Marocco e la stampa tace, ritenendo evidentemente poco appetibile l’informazione su di una crisi che è, quindi, letteralmente abbandonata al silenzio più assordante.

...

Giuliana Laschi, Università di Bologna


Mentre qui mi piace evidenziare le strategie messe in atto dalle diplomazie per far credere una cosa mentre si lavora perchè succeda esattamente il contrario di quello che appare.

Da Repubblica segnalo questo articolo che evidenzia un 

Livello di architettura politica sofisticatissima che merita un plauso, nemmeno Macchiavelli arrivava a tanto, farci credere tutori del Fronte Polisario per la salvaguardia del popolo Saharawi per raggiungere gli obiettivi opposti: sottrarre il West Sahara e consegnarlo al Marocco.

Panzeri ci lavorava da almeno 10 anni!!!

....perché sembrasse al di sopra delle parti....Un genio del male!


Eurocorruzione, Panzeri amico del Marocco già nel 2011. Il viaggio sotto copertura tra i saharawi

L'ex eurodeputato Antonio Panzeri e l'attuale ambasciatore del Marocco a Varsavia Abderrahim Atmoun in una foto postata sulla pagina Facebook dell'Ambasciata del Marocco in Polonia il 4 marzo del 2017
L'ex eurodeputato Antonio Panzeri e l'attuale ambasciatore del Marocco a Varsavia Abderrahim Atmoun in una foto postata sulla pagina Facebook dell'Ambasciata del Marocco in Polonia il 4 marzo del 2017 (ansa)
Undici anni fa l'allora eurodeputato veniva già considerato da Rabat un uomo fidato, cui far organizzare un viaggio in territorio "nemico", presso la sede del governo saharawi in esilio, perché sembrasse al di sopra delle parti 
Dai cablo di “Maroc Leaks” emerge infatti il dietro le quinte di una visita del 2011 di Panzeri a Tindouf, città algerina vicina alla regione marocchina in questione e soprattutto sede del governo in esilio della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi, proclamata dal Polisario nel 1976. Una trasferta che avrebbe dovuto impensierire politicamente Rabat, perché poteva significare un sostegno dell’allora presidente della delegazione Maghreb al Parlamento europeo alle rivendicazioni del Fronte Polisario. E che invece venne avallata e gestita da Rabat di comune accordo con Panzeri.

Il viaggio del 2011 in Algeria

È l’ottobre del 2011, e dunque già d’allora le due parti sono in contatto per favorire l’immagine del Marocco. Una nota della Missione marocchina presso l’Ue spiega a Rabat che un proprio rappresentante ha avuto un colloquio informale con il consigliere di Panzeri, proprio per preparare la visita dell’eurodeputato nel Maghreb, prevista per due settimane dopo.

Le autorità marocchine spiegano che la tappa a Tindouf è “indispensabile per consolidare la credibilità di Panzeri presso l’Algeria e il Polisario, visto che è accusato di essere filomarocchino”, e il fatto che sia così percepito “non è nell’interesse del Marocco”. Panzeri può essere “un alleato di peso o un avversario terribile” ed è cruciale averlo dalla propria parte. Nel gennaio del 2013, invece, un cablo di quella stessa Missione lo definisce “caro amico del Marocco” e lo contrappone apertamente al suo collega britannico Charles Tannock, “conosciuto per le sue posizioni pro-Polisario”.

Il patto segreto del 2019

Nel 2019, quando non viene rieletto, Panzeri, secondo le confessioni del suo ex assistente Francesco Giorgi, stringe poi un patto segreto con i servizi segreti esterni del Marocco, il Dged, tramite l’intermediazione del diplomatico Abderrahim Atmoun, che a sua volta era agli ordini di un altro uomo, “un tipo pericoloso”, Mohamed Belharace, un agente segreto del Dged.







sabato 30 gennaio 2016

Il deserto del Saharawi - un luogo alla fine del mondo.

Il deserto è dove il mondo si riduce ai minimi termini, è la distesa di sabbia sotto il cielo, l'assenza di rumore, l'assenza apparente di vita. 
Quando ci arrivi anche i tuoi pensieri iniziano ad assottigliarsi. Pian piano perdono le interferenze e le linee del loro svolgersi diventano più chiare, ti sembra di arrivare all'essenza, senza distrazioni. 
Ecco perché è bello andarci (nel deserto). Anzi, sarebbe bello farlo di quando in quando, per guardarsi un po' più da vicino, sentire ogni respiro e il tempo che si allunga all'infinito, chissà verso dove...

Dakhla
 è una distesa di 600 chilometri di costa selvaggia e disabitata, è un viaggio in auto lungo un giorno puntando da Agadir verso sud, 1.700 chilometri scendendo sulla costa marocchina per entrare nel territori del Sahara Occidentale, l'estremo lembo del deserto più grande del mondo.

È una penisola stretta tra l'oceano e la terra più arida, è una manciata di case rettangolari, che vedi dall'alto atterrando in aereo. Non belle, ma raccontano un incontro: uomo e natura. Dakhla è una meta, è l'unico luogo nel mezzo del niente, quindi un punto di arrivo, non un passaggio. 


IN CERCA DI LIBERTÁ

Esisteva già nel Cinquecento, quando gli spagnoli dalle Azzorre si spingevano attraverso l'Atlantico fino a queste coste deserte. Nel 1884 era la capitale della colonia spagnola del Rio de Oro, in epoca più recente è passata alla Mauritania, poi liberata dal Fronte Polisario del popolo saharawi, e quindi nel 1985 sotto il controllo del Marocco. È un luogo di confine in tutti i sensi, meta per nomadi antichi e moderni: le genti del Sahara, i marocchini dl nord che qui si costruiscono una nuova vita, i pensionati europei in camper che inseguono il sole tutto l'anno, i turisti in cerca di libertà, il popolo del surf e kite surfcolonie immense di fenicotteri rosa e uccelli migratori.
Dakhla è una meta, è l'unico luogo nel mezzo del niente, quindi un punto di arrivo, non un passaggio.

ADVERTISING

I kitesurfisti sono i moderni colonizzatori: sono loro che raggiungono luoghi che pochi altri hanno solo sentito nominare. Sono stati anche i primi "turisti" ad arrivare anche su questa penisola che si affaccia da un lato sull'Atlantico e dall'altra su una laguna di acque piatte ma dal vento costante. La maggior parte degli hotel sono nati come surf-camp. Di giorno surfi, di sera ti trovi al bar per bere un cocktail, o attorno a un fuoco sulla spiaggia, o davanti al tramonto per mangiare le ostriche di Dakhla (che qui crescono 3-4 volte più velocemente delle altre) o per cene di pesce che questo mare, la cucina e l'accoglienza marocchina sanno far diventare eccezionali.

Giovani (dai 20 ai 40 anni), rilassati, si trasferiscono qui per mesi, per vivere la vita come gli piace, essenziale, di sport e natura. Ma le cose stanno cambiando. Dakhla si vuole rilanciare come meta per tutti, e sono stati aperti i primi "hotel per turisti", protetti dal vento, con sdraio e piscina che affacciano sul mare e camere di charme. Non fraintendete: Dakhla rimane un posto dove c'è poco, e forse niente. Il mare è oceano, la città ha una strada commerciale con qualche bar e pochi negozi, i ristoranti sono quelli degli hotel. Quindi perché già tre anni fa, nel 2012, anche il New York Times la definiva un luogo da non perdere? Forse perché Dakhla è - adesso, e forse ancora per poco - un viaggio alla fine del mondo, capace di portarti in quello spazio sottile ed evanescente tra civilizzazione e natura selvaggia, dove l'oceano e la terra e il cielo hanno molto, molto, più spazio dei piccoli edifici di cemento della città.

Un luogo per esplorare l'entroterra alla ricerca delle gazzelle, o navigare sul mare verso Dragon Island per incontrare una foca monaca o dei delfini sousa, per andare alla ricerca delle sorgenti termali e per seguire con la jeep le piste del deserto, verso le Dune Bianche, dove la sabbia e l'acqua non hanno più un confine preciso.

Lì, in quell'assenza, i segni del mondo si amplificano. I tuoi passi sulle dune sono le uniche tracce umane, che si affiancano a quelle di piccole lucertole, topini, cammelli, il mare è un orizzonte incontaminato, nel cielo gli stormi di uccelli sono annunciati dal suono ritmico e ampio delle loro ali, e anche iltuo respiro riprende forza, suono. È chiaro, lo senti che dà il passo alla tua vita. Ho corso dalle dune fino a un lago lontano che sembrava un miraggio, le distanze avevano un nuovo senso, la tua conquista di ogni metro una prova di libertà, il tuo corpo diventava la tua essenza, una sensazione mai provata. Quella corsa è valsa il viaggio.

Estratto da articolo di Paola Manfredi su Vanity Fair

domenica 11 gennaio 2015

A 200 Km sud di Dahkla in Mauritania, dove regna la legge Islamica, l'apostasia dell'Islam è una condanna a morte.


MAURITANIA

Critica Maometto sul web: giovane
condannato a morte per apostasia
Su internet aveva criticato una
decisione del fondatore dell’Islam.
La sentenza salutata da grida di
esultanza e caroselli di auto.
Minacce all’avvocato



 shado
Un giovane mauritano è stato condannato a morte per apostasia 
dell’Islam mercoledì sera da un tribunale di Nouadhibou, nel 
nordest del paese. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria. 
Mohamed Cheikh Ould Mohamed, in un articolo pubblicato 
su alcuni siti internet, aveva criticato decisioni prese da 
Maometto e i suoi compagni. L’annuncio della sentenza
 è stato salutato in aula e in città da grida di esultanza e caroselli di auto.
L’imputato «aveva parlato con leggerezza del Profeta»
Manifestazioni per chiedere pena di morte
Svenuto alla lettura della sentenza
Per l’accusa l’imputato «aveva parlato con leggerezza del Profeta» 
e meritava la pena di morte, prevista dal codice penale mauritano
 in caso di apostasia dell’Islam. Il giovane, vicino alla trentina, 
arrestato un anno fa, si era difeso affermando di non aver
voluto offendere Maometto, ma «difendere uno strato della
 popolazione maltrattato, i fabbri», dal quale proveniva.
 «Se dal mio testo si è potuto comprendere quello
di cui sono accusato - aveva detto - io lo nego
completamente e me ne pento apertamente».
Nel suo articolo Ould Mohamed aveva accusato
la società mauritana di perpetuare un «ordine sociale
iniquo ereditato» dai tempi del Profeta. Durante il processo,
il primo di questo genere in Mauritania, si erano tenute
manifestazioni nel paese che chiedevano la pena di morte
per il giovane. Un famoso avvocato locale che lo difendeva
 aveva rinunciato all’incarico per le minacce subite.
Alla lettura della sentenza, Ould Mohamed è svenuto.
Quando si è rianimato, è stato portato in prigione.
Non si ha notizia al momento di un eventuale appello. I
n Mauritania è in vigore la legge islamica.
La pena di morte è ancora prevista, ma non è più
stata applicata dal 1987. Secondo organizzazioni musulmane locali,
è la prima volta che un testo critico sull’islam è pubblicato in Mauritania.

Dalla redazione online del Criiere della Sera - 25 dicembre 2014 |